23/04/2003 All’inferno andata e ritorno. L’anno incredibile di Di Livio


23/04/2003

Di Livio e la Florentia, da dove partiamo? «Direi dall’ inizio. Il giorno in cui è sparita la Fiorentina istintivamente avevo già deciso di rimanere, però prima di firmare volevo vedere i nuovi proprietari e i programmi». L’ arrivo di Della Valle è stato decisivo? «Direi di sì. Ho parlato con lui due o tre volte e mi ha spiegato quali erano i suoi programmi. In quei giorni, dico la verità, non ero molto lucido, però ho capito che aveva intenzione di fare le cose seriamente. E sono rimasto». L’ inizio come è stato? «Traumatico. Stavano allestendo una squadra ripartendo da zero, non c’ era condizione fisica, non c’ era quasi niente. E ci sono arrivate addosso le prime critiche. Per chi, come me, era qui anche prima è stato difficile superare quel momento, non si vedeva una via d’ uscita. In quel momento squadra e società sono state brave a rimanere unite». Poi la prima partita, in coppa Italia: stadio pieno e una squadra di ragazzini. Non ha mai pensato: ma perché sono qui? «Sono sempre stato convinto della scelta che ho fatto. Certo giocare con chi ha vent’ anni meno di te dà una sensazione particolare, ma è stata una bella esperienza. Ho fatto qualche figuraccia, questo sì, ma in quel momento mi interessava soltanto veder crescere la squadra». L’ esperienza Vierchowod non è stata eccitante, non trova? «Ha pagato i problemi iniziali, la mancanza di condizione e di amalgama. Ma la sconfitta di Grosseto è stata umiliante, quella batosta ci ha scioccati». Ed è arrivato Cavasin~ «Lo conoscevo già dai tempi di Padova, io giocavo in prima squadra e lui allenava la Primavera. Non ho avuto problemi a entrare in sintonia con lui, con le persone intelligenti vado sempre d’ accordo». Le ha chiesto consigli? «Abbiamo parlato tanto, voleva sapere». Molti dei meriti di questa stagione sono suoi, è d’ accordo? «E’ stato un buon medico, quando è arrivato la squadra era malata. Lui ha avuto il merito di capire i problemi e tirare fuori giocatori che Vierchowod aveva utilizzato poco, come Nicodemo e Andreotti». Siamo all’ infortunio: si ricorda quel giorno? «Non lo dimenticherò mai. Per la scelta che avevo fatto e per il mio attaccamento a Firenze, non me lo meritavo. Credo che nessuno si sia accorto davvero quanto ho sofferto, però infortuni come questo ti maturano e ti migliorano. La mia è stata una sfida alla sfortuna». Mai pensato di smettere? «I primi tre o quattro giorni dopo l’ infortunio sono stati durissimi. Leggevo sui giornali e sentivo alla televisione che la mia carriera era a rischio. Una cosa che mi ha dato molto fastidio. E poi sono orgoglioso e mi sono detto che non poteva finire così». Qual è stata la svolta della stagione? «Le otto vittorie consecutive. Più andavamo avanti e più cresceva la convinzione e la concretezza. E’ stato un periodo fondamentale. Poi la vittoria di Rimini è stata la svolta definitiva. Da lì in poi noi siamo cresciuti e loro sono crollati». La cosa che le ha dato più fastidio? «Che la Florentia in C2 è stata considerata come le altre squadre e non era così». Quella più bella? «La gente che ci ha sempre seguiti. Anche i miei colleghi della nazionale mi chiamavano per chiedermi dei trentamila allo stadio». Invidiosi? «No, però Firenze ha suscitato curiosità. E comunque non sono molte le squadre che in casa hanno trentamila spettatori». Un desiderio? «Vorrei rimettermi la maglia della Fiorentina. Io so cosa vuol dire indossare la maglia viola, è un’ emozione forte che vorrei riprovare il prima possibile». Parliamo di Della Valle. «Anche se non vive a Firenze sentiamo forte la sua presenza. Nei momenti importanti sappiamo che possiamo contare su di lui». Una persona seria. «Sì e lo capisci anche da come sta vivendo questo momento. Non c’ è grande euforia per la promozione perché la società sta già pensando all’ anno prossimo». Giusto così? «Le grandi squadre ragionano così. Chi ha obiettivi importanti non si può accontentare di una vittoria. Noi siamo contenti per la promozione, ma il nostro vero obiettivo è tornare in serie A». Giovanni Galli. «Ha avuto le sue critiche, però i fatti dimostrano che ha lavorato bene. E’ stato bravo a rimanere in silenzio nei momenti brutti». Gino Salica. «All’ inizio, non vorrei si offendesse~, era incompetente di calcio. Ma ha imparato in fretta e se ci parli adesso ti accorgi di quanto è migliorato». Domenica la festa? «Nei giorni scorsi avevo detto a bassa voce, per non offendere nessuno, che sarebbe stato più bello festeggiare a Firenze piuttosto che a Fano. I miei compagni si meritano un’ emozione particolare, e vincere davanti a trenta-quarantamila persone lo è». Potrebbe andare in panchina. «Sono dieci giorni che corro, però nessuno mi ha detto niente. Perciò resto nel mio piccolo spazio». Ma le piacerebbe? «Tantissimo».

GIUSEPPE CALABRESE